La Chiesa Ieri


La prima testimonianza di un luogo di culto intitolato a San Vitale nella zona di Fuorigrotta, si rileva da un atto notarile rogato a Napoli l’8 settembre dell’anno 985, oltre mille anni fa. Il documento sancisce l’accordo raggiunto da otto fratelli (Basilio, Giovanni, Gemma, Eufemia, Pietro, Teodoro, Anna e Gregorio) nello spartirsi il patrimonio fondiario ereditato dai loro genitori. Ad alcuni di essi andarono le terre che si trovavano “at casa pagana foris gripta” (a Casapagana in Fuorigrotta) e il campo detto “de spatharum iusta santum bitale (delle spade vicino a San Vitale)”, mentre agli altri spettarono le terre di Marano. L’indicazione “iusta santum bitale” è dovuta alla presenza di una Chiesa o Cappella dedicata a San Vitale.

Dagli atti della visita pastorale del 1566 del vescovo Giovanni Matteo Castaldo, si apprende che nel primo trentennio del secolo XVI era rettore e beneficiario della Chiesa di San Vitale a Fuorigrotta don Francesco Siniscalco, al quale successe, nel 1536, il chierico Federico Siniscalco. Nell’elenco delle rendite della Chiesa, riportato dagli atti della citata visita pastorale, si legge che Agostino e Gennaro Russo, eredi di Pascarello Russo, erano tenuti a pagare al rettore sei scudi all’anno, per una terra nelle vicinanze di Fuorigrotta in un luogo denominato San Vitale.

Il perdurare fino al XVI secolo di questo toponimo è molto importante, perché attesta la continuità nel corso dei secoli del culto di San Vitale a Fuorigrotta. Anche se non vi è certezza, per la carenza di fonti documentarie, che la Chiesa di cui si fa cenno nel verbale della visita pastorale del 1566 sia la stessa che esisteva nel 985, o un rifacimento della medesima o una nuova costruita in sostituzione di quella antica.

Nella seconda metà del Cinquecento, la nuova strada per Roma e Pozzuoli isolò la Chiesa dall’abitato.  Allora, il cappellano don Francesco Serra decise di “fare et edificare una ecclesia nova più accosto et proxima alle case et alle gente”. Per realizzarla, “essendo lo casale et gente de esso poveri”, don Serra ottenne aiuti finanziari da benefattori napoletani e dalla Regia Corte, oltre a spendere di suo più di quattrocento ducati. Nell’edificio, ad una navata, vi erano tre altari: il maggiore e due laterali. Sull’altare maggiore, di pietra, vi era una bella custodia in legno dorato per l’Eucaristia. Inoltre, dinanzi a questo altare, in alto, su una trave indorata, c’era l’immagine del Crocifisso. Al di sotto ardeva una lampada, di giorno e di notte, come quella davanti al Santissimo Sacramento. Sulla parete di fondo, alle spalle dell’altare maggiore, c’era un bassorilievo raffigurante la Vergine Maria. Completavano l’arredo il fonte battesimale e l’acquasantiera, entrambi in marmo. La Chiesa, nel corso degli anni, fu abbellita e dotata di nuovi altari, arredi ed immagini sacre.



Dal 6 marzo 1574 al 19 dicembre 1733, in questa Chiesa, furono celebrate centonove Ordinazioni Sacre,  ma la più famosa fu quella episcopale del cardinale Pasquale d’Aragona, viceré di Napoli, conferitagli il 28 febbraio 1666 dai vescovi Benedetto Sanchez de Herrera di Pozzuoli, Gabriele Adarzo di Otranto, Giuseppe Cavallero di Monopoli e Paolo Carafa di Aversa.

A partire dalla metà del XVII secolo, la Chiesa conobbe, oltre a periodi di splendore, anche momenti di trascuratezza e di degrado, come riferiscono i documenti delle diverse visite pastorali succedutesi nel tempo. Negli atti della visita pastorale del vescovo Giambattista Visco, nel 1655, si legge che essa era “plena spurcitiis et inmunditiis” ed alcune tombe, con i cadaveri, erano scoperte; ma, nonostante ciò, la gente entrava nella Chiesa per devozione (ob devotionem).

Il 28 aprile 1788, la Chiesa di San Vitale, intitolata anche alla Santissima Madre di Dio, fu solennemente consacrata dal vescovo di Pozzuoli Girolamo Dandolfi.

Dal 1827 al 1830, per una spesa di circa 3.740 ducati, su progetto dell’architetto Niccolini, con la cooperazione del vescovo Carlo Maria Rosini, la Chiesa fu ampliata ed allungata. Nel 1858, re Ferdinando II erogò 2.000 ducati per il rifacimento del tetto.

In un esposto del 2 settembre 1885, inviato dal parroco don Antonio Guadagno al sindaco di Napoli Nicola Amore, si rileva la situazione in cui si trovava la Chiesa: ristrettezza dell’edificio in rapporto all’aumento della popolazione; infiltrazioni d’acqua e crepe diffuse nelle strutture, imputabili al ravvicinato passaggio del tram; pavimento degradato e rovinato; due orinatoi situati ai lati dell’ingresso che“tramandano una tale puzzolentissima esalazione da far stringere forte il naso a quelli che transitano per queste vicinanze; da rendere noiosa la permanenza nella Chiesa a quanti nei dì feriali e specialmente festivi vi vengono per la pratica dei doveri di religione; da destare infine il più grave biasimo a quanti, personaggi e Nazionali ed Esteri, quì recansi a visitare la tomba del Leopardi, la quale è circondata dai suindicati pestiferi orinatoi”. La Chiesa di San Vitale, infatti, custodiva le spoglie del poeta Giacomo Leopardi, morto a Napoli il 14 giugno 1837.

La legge del 4 luglio 1897, ratificata dal re Umberto I di Savoia, dichiarò la tomba di Giacomo Leopardi monumento nazionale. La Reale Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli curò, nel giugno 1898, su disegno dell’architetto Nicola Breglia, il rifacimento e la decorazione del pronao ove il poeta recanatese era sepolto. Contestualmente l’ingegnere Martinez restaurò il resto della Chiesa.

 


In occasione della realizzazione del piano di risanamento di Fuorigrotta, il 23 maggio 1940, il vescovo Alfonso Castaldo decretò la riduzione ad uso profano e cedette alla Autorità Comunale di Napoli le chiese di San Vitale Martire, di San Francesco e del Santissimo Rosario, dell’Immacolata di Lourdes e l’oratorio dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento, con la facoltà di demolirli. Nello stesso giorno, il vescovo trasferì la parrocchia di San Vitale martire nella chiesa di Santa Maria della Protezione, in via Leopardi, “fino a che non ritornerà nella Chiesa propria edificanda”. Il 21 maggio 1940, il predetto vescovo stipulò con il Comune di Napoli una convenzione per la riedificazione delle chiese demolite. La nuova chiesa di San Vitale martire fu progettata dall’architetto Ferdinando Chiaromonte, in semplici e monumentali forme, ispirate ad un severo e manierato razionalismo, ancora in voga negli anni Trenta - Quaranta.



Il testo, ridotto da Giuseppe Rossi, è tratto dal libro “LA CHIESA E LA PARROCCHIA DI SAN VITALE MARTIRE A FUORIGROTTA” di Angelo D’Ambrosio e Raffaele Giamminelli

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