Ma voi chi dite che io sia?

chiditecheiosia

Dopo tanti anni, ancora una volta, avverto che il Signore rivolge a me questa domanda: “Tu chi dici che Io sia? Chi sono Io per te?” (Lc9,18-21). So che è una domanda che rivolgi a tutti, a tutti quelli che desiderano seguirti, credere in te. E’ una domanda così radicale tanto ha il potere di coinvolgere tutta l’esistenza di un uomo, di qualunque uomo che voglia veramente entrare in relazione con te. Una domanda alla quale non ci si può rifiutare di rispondere.

Sono obbligato a rispondere. Cambio il modo di porre la domanda: “Chi sei tu, Gesù, per me?” Quando ci penso mi vengono i brividi, la pelle d’oca. Chi sei? Sono scosse le fondamenta del mio cuore tanto questa domanda penetra dentro di me. E’ un terremoto! (Mi sento come quando senti che il tuo aeroplano va in stallo: quella vibrazione sui comandi che ti avverte che stai perdendo il controllo;) sei arrivato al limite. Chi sei dunque? Un profeta? Si, certo, ma non è sufficiente. Il Figlio dell’uomo, questo personaggio delicatamente misterioso … Il Messia? Sì, ma che tipo di messia? Politico, rivoluzionario … tutte queste categorie le ho studiate a teologia. La domanda va ancora più in profondità. Ecco, cominciano i problemi: sei Colui che mi dice “prendi la tua croce e seguimi” (Lc9,23-24). Qui fallisco. Mi paralizzo, cado a terra. Mi scopro fragile, impotente. Ribelle. Sono terrorizzato perché, anche se non ho il coraggio di dirlo apertamente, scopro di essere perfino capace di rifiutarti quando mi dici “prendi la tua croce”. Queste sono parole che nessun uomo vorrebbe mai sentire. E dunque capisco che non so chi sei Gesù! Non ti conosco! Sono spiazzato.  Forse, proprio ora, in questa mia povertà mentre scopro chi sono io veramente, capisco chi sei Tu. Ora che non ho niente, nemmeno la forza di lottare; ora che mi hai messo di fronte alla nuda e cruda realtà, solo ora, sono capace di ascoltare la tua voce. Una voce che so riconoscere. Questa, infondo, è la mia croce: essere povero davanti a te. Accettare questa mia povertà; questa mia incapacità quotidiana di servirti, di seguirti. Mi chiedi di compiere ciò che proprio vorrei evitare di fare. Mi chiedi l’esatto contrario di ciò che io desidero. Sono di fronte ad una scelta, che comporta scoprire chi sei veramente; prendere questa croce significa fidarmi di Te. Vuol dire conoscerti. Sapere chi sei. Significa non fidarmi più di me stesso, del mio istinto, della mia logica; uscire dal mio mondo. E’ un esodo verso qualcosa che non conosco e proprio per questo, mi fa paura, mi spaventa. Eppure dovrei conoscerti, e dunque fidarmi. Avverto che c’è una resistenza dentro di me. Mi manca l’umiltà di chi sa di non avere tutte le risposte. Come scende così in profondità la tua domanda … va alla radice della mia esistenza, del mio essere cristiano, di chi dovrebbe avere la consapevolezza che non tutto finisce qui con quell’ultimo respiro finale, ma che esiste un seguito, che c’è un posto, sì, ma soprattutto ci sei Tu. Eppure nel mio cuore conosco la verità; mi manca però l’umiltà di ammetterla, perché le mie paure mi paralizzano; perché morire dentro non è così facile, e con gli anni, questa consapevolezza aumenta. Ho paura di perdere la mia vita. Quando però ho il coraggio di ascoltare la tua voce, capisco; quando odo la tua voce che pronuncia queste parole: “chi vuol salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà” (Lc9,24): sento la verità dentro di me. Se prendo questa croce, se accetto di portarla con te, so che non mi perderò. E’ difficile, lo so, perché infondo, vuol dire rinnegare se stessi, addirittura il proprio istinto di sopravvivenza che ognuno di noi porta dentro; rinnegare perfino il mio attaccamento alla vita, a me stesso, alle mie ragioni. Sento che devo morire; cedere e mettermi in gioco fino all’ultima goccia di sangue, fino all’ultimo respiro. E’ questo l’esodo più difficile della mia vita. Dal mio “io” al tuo “Tu”. Ma quella voce che grida e ruggisce dentro di me come fosse un leone, io la conosco: sei Tu. Non sono solo; capisco che non mi sono perduto. Non so dire chi sei, ma riconosco la tua voce. Conosco questa voce. Una voce che è la verità della mia vita; l’unica via d’uscita che conosco. Ora posso seguirti. E chi ti segue non cammina nelle tenebre (Gv 8,12); anche se ancora i miei occhi non vedono, e devo accettare la mia cecità; so che non mi sono smarrito, e Tu non mi hai abbandonato. “Non so dove sto andando, ma sto andando lontano” (Robert Edler von Musil, scrittore e drammaturgo austriaco), verso i confini dell’esistenza, sulla soglia del tuo tempio. Sì, anche se ancora non so dire chi sei, riconosco che Tu sei il Dio della mia vita. L’unica ragione della mia vita.

 

Tratto da un articolo anonimo del sito: www.suisuoipassi.org

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