Nessun profeta è bene accetto nella sua patria

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Gesù insegna nel Tempio

Vangelo   Lc 4,21-30
Gesù come Elia ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei.

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».  Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

 

Commento di mons. Antonio Riboldi

"Ci vuole un bel coraggio - mi diceva un giorno un giovane, che viaggiava con me in aereo - non solo a testimoniare la nostra fede di battezzati, ma a dichiararsi sinceramente tali. L'ambiente in cui si vive, dalla famiglia al posto di lavoro, ai vari luoghi di ritrovo, pare sopporti con disagio che qualcuno 'sia' cristiano. Si preferisce vivere nell'anonimato o non avere alcuna fede. È triste, pensando che noi battezzati abbiamo da Cristo, proprio nel Battesimo, il dovere di evangelizzare i fratelli, a cominciare dalla nostre famiglie. Ma si preferisce tacere. Cosa fare del resto? Ammiro lei che viaggia portando Cristo a testa alta, anzi, come l'Unico cui affidare l'esistenza, e si muove sulle orme del Maestro. Ma ci vuole coraggio. Non ha paura, non prova disagio?". 

È vero. A volte sembra che il distintivo di cristiano, la Croce, sia destinato solo ad essere esibito per le cerimonie esterne, per poi ritornare nell'anonimato in cui si vorrebbe restasse. Come se Dio non ci fosse. 
Ed è veramente incredibile che, in una società che fa pressante appello alle sue radici cristiane, si debba vivere la fede 'come un martirio'... a volte, per questo, rifiutati dalla società stessa! 
Il Vangelo di oggi presenta Gesù che, nell'istante in cui proclama la Sua missione di salvezza, subito è rifiutato dai 'suoi concittadini'. Non solo, ma, preannunciando quella che sarà la Sua fine, la morte in croce sul Calvario, vede il rifiuto di coloro che vuole salvare. 

"In quel tempo, Gesù prese a dire nella sinagoga: Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi. Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati dalle parole di Grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: Non è il figlio di Giuseppe?. Ma egli rispose: Di certo voi mi citerete il proverbio: medico cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella nostra patria! Poi aggiunse: Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi, e ci fu una grande carestia in tutto il paese, ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Zarepta di Sidone. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman il Siro. All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno, si levarono, lo cacciarono fuori della città, e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale la loro città era situata, per gettarlo dal precipizio. Ma Gesù, passando in mezzo a loro, se ne andò". (Lc 4,21-30). 

Gesù capisce l'effimera 'consistenza' della loro fede, che, sentendolo parlare, si ferma alla soglia del battimano e, quando gli si chiede quasi una esibizione inopportuna del suo fare miracoli, come fosse un ciarlatano, toglie la loro maschera di 'credenti senza fede'... La reazione è immediata: vogliono 'metterlo a morte'. 
Così avverrà alla fine della sua missione, quando dalla piazza, scordandosi dei tanti miracoli da lui compiuti e, come a vendicarsi di un 'profeta', che sempre aveva parlato chiaro nell'annunciare il Vangelo, chiederanno che 'sia crocifisso'. 

È l'epilogo non solo di un grande evento di amore per noi, ma anche la conferma che la Verità di Dio non piace a tanti uomini. Preferiscono il parlar bene, ma non la verità. 
Ed è così che anche oggi tanti si spellano le mani nell'ascoltare i troppi falsi profeti del nostro tempo, che sanno come 'prenderci' per il lato debole, la nostra ignoranza e superficialità, per proporci 'paradisi', che tali non sono. Quante volte ho sentito dire dagli ex terroristi: 'Sono diventato quello che sono perché ho dato retta a cattivi maestri'. E quante volte veniamo derisi perché non siamo 'alla moda', ossia non facciamo piazza pulita dei valori della persona, che sono la nostra veste di figli di Dio, per indossare gli stracci dell'effimero, che riduce a marionette che stanno al gioco, ma sono tremendamente infelici. 
Oggi davvero occorrono 'uomini e donne di fede', che sappiano mostrare il Volto di Dio, senza paura e, senza disagi, con la semplicità dei santi, vestano l'abito della verità, costi quel che costi, rimanendo ciò che veramente siamo: figli di Dio. 

Il mondo ci invita a idolatrare il benessere, il piacere ad ogni costo, il successo e il potere...non importa se questo ci chiede di calpestare la nostra meravigliosa identità di figli del Padre! 
Così parla il profeta Geremia: "Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo e prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato. Ti ho stabilito profeta delle nazioni, tu, dunque, cingiti i fianchi, alzati e di' loro tutto ciò che ti ordinerò. Non spaventarti alla loro vista, altrimenti ti farò temere davanti a loro. Ed ecco, oggi, io faccio di te come una fortezza, come un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti muoveranno guerra, ma non ti vinceranno, perché

Io sono con te per salvarti" (Ger 1, 17-19). 
Leggendo queste parole e, prima ancora, quelle di Gesù a Nazareth, mi viene spontaneo chiedermi se, come vescovo, davanti all'uomo di oggi, facilmente ingannato, ho il coraggio del missionario, che non ha alcuna paura di annunciare la Verità di Dio, anche se è un contrastare le 'comode verità' del mondo, rischiando di essere emarginato. 

Ho vissuto il mio mandato sacerdotale ed episcopale in un territorio dove a volte 'gridare la verità' poteva costare la vita. Ma ho sperimentato che davvero Dio mi ha aiutato ad essere 'un muro di bronzo'...sapendo che Lui era sempre con me e che, per la mia missione di ministro di Dio, quindi della Verità e della Misericordia, era mio dovere non avere paura e indicare, a tempo opportuno e con forza, le vie del Bene. Quante volte ho dovuto alzare la voce contro i mali della criminalità organizzata e i mali del mondo, sempre mettendo in conto la possibilità del 'martirio'. 

Mi confortava la profonda amicizia che avevo con l'amato Papa Giovanni Paolo II che, sempre, incontrandomi, mi diceva con forza: 'Non avere paura, mai!'. 
Come del resto era la sua missione nel mondo, ovunque. Con forza, ripeto, e carità. 
Voglio ricordare - e mi confondo anche solo a narrarlo - un venerdì santo, giorno della Via Crucis in Diocesi, cui partecipavano migliaia di persone. Qualcuno del 'gruppo di fuoco della criminalità' mi invitò a non partecipare, perché era possibile un attentato. Non diedi ascolto neppure al Commissariato e, al momento opportuno, scesi tra la gente. Per tutelarmi le forze dell'ordine vollero che stessi nel mezzo della processione, isolato, con a fianco un carabiniere e un poliziotto a difendermi. Sempre mi fecero dolce compagnia le parole del Santo Padre: 'Non abbiate paura'. Ma mi sentivo 'poca cosa' di fronte al grande vescovo di Shangai, Mons. Francis Xavier Ngunten Van Thuan, eletto poi Cardinale e Presidente del Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace. Eravamo stati invitati insieme a partecipare alla marcia della Pace a Boves, vicino a Cuneo. Era stato in carcere, quello duro, dove è possibile solo vedere le sbarre e le guardie di custodia ed essere indottrinato ogni giorno. Portandolo in carcere, non gli avevano concesso alcunché di religioso: niente breviario, né Bibbia, nessun messale. Nudo di tutto ciò che era parte del suo ministero. Lui solo...con Dio. Così per 16 anni! Aveva chiesto di portare con sé una bottiglietta di vino 'per la salute' ed ogni giorno conservava un pezzetto di pane. A sera, quando era solo, celebrava la S. Messa - non so come facesse senza messale. Consacrava due gocce di vino sul palmo della mano e il pezzetto di pane. Racconti di santi martiri. Alla fine, alcune guardie, ammirandolo, chiesero di essere battezzate e partecipare a quella solenne Messa. 

Quando lo incontrai aveva al collo una croce composta con legno del carcere e la catena fatta con il filo spinato. Si accorse della mia ammirazione ed amicizia e voleva a tutti i costi donarmela. La rifiutai perché per lui era segno del martirio a lungo subito, per me solo un prezioso dono. 
Di fronte a questi fratelli - ed oggi sono tanti, ovunque - che predicano il Vangelo sempre sul filo del martirio, confesso che mi assale come una grande malinconia, soprattutto se li paragono al disagio di molti nel testimoniare il Vangelo con la vita o alla paura di chi si rifugia nell'anonimato, che è come cancellare Dio dalla propria storia. 

Viene da interrogarci sulla qualità della nostra fede e missione, in questo tempo assetato di Verità, in cui troppi però non trovano sorgenti di acqua viva.  E che diranno di noi, dal Cielo, coloro che hanno dato la vita per essere cristiani? 

Spero tanto e prego perché tutti possiamo diventare coraggiosi e gioiosi testimoni di Cristo... anche se sarà necessario andare contro corrente. Solo così si può costruire una civiltà di amore e di fede, di pace e di solidarietà, a misura di Cristo.

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