Storia, simboli e tradizioni del Natale

presepioIL PRESEPIO

Sono gli evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la Natività.
Nei loro brani c'è già tutta la sacra rappresentazione che a partire dal medioevo prenderà il nome latino di praesepium ovvero recinto chiuso, mangiatoia. Si narra infatti della umile nascita di Gesù, come riporta Luca, "in una mangiatoia perché non c'era per essi posto nell'albergo" (Ev., 2,7); dell'annunzio dato ai pastori; dei magi venuti da oriente seguendo la stella per adorare il Bambino che i prodigi del cielo annunciano già re. Questo avvenimento così familiare e umano se da un lato colpisce la fantasia dei paleocristiani rendendo loro meno oscuro il mistero di un Dio che si fa uomo, dall'altro li sollecita a rimarcare gli aspetti trascendenti quali la divinità dell'infante e la verginità di Maria.

Così si spiegano le effigi parietali del III secolo nel cimitero di S. Agnese e nelle catacombe di Pietro e Marcellino e di Domitilla in Roma che ci mostrano una Natività e l'adorazione dei Magi, ai quali il vangelo apocrifo armeno assegna i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ma soprattutto si caricano di significati allegorici i personaggi dei quali si va arricchendo l'originale iconografia.
Il bue e l'asino, aggiunti da Origene, interprete delle profezie di Abacuc e Isaia, divengono simboli del popolo ebreo e dei pagani; i Magi il cui numero di tre, fissato da S. Leone Magno, ne permette una duplice interpretazione, quali rappresentanti delle tre età dell'uomo: gioventù, maturità e vecchiaia e delle tre razze in cui si divide l'umanità: la semita, la giapetica e la camita secondo il racconto biblico; gli angeli, esempi di creature superiori; i pastori come l'umanità da redimere e infine Maria e Giuseppe rappresentati a partire dal XIII secolo, in atteggiamento di adorazione proprio per sottolineare la regalità dell'infante.

Anche i doni dei Magi sono interpretati con riferimento alla duplice natura di Gesù e alla sua  regalità: l'incenso, per la sua Divinità, la mirra, per il suo essere uomo, l'oro perché dono riservato ai re. A partire dal IV secolo la Natività diviene uno dei temi dominanti dell'arte religiosa e in questa produzione spiccano per valore artistico: la natività e l'adorazione dei magi del dittico a cinque parti in avorio e pietre preziose del V secolo che si ammira nel Duomo di Milano e i mosaici della Cappella Palatina a Palermo, del Battistero di S. Maria a Venezia, e a Roma quelli delle Basiliche di S. Maria in Trastevere della Basilica di Santa Maria Maggiore, dove già nel 600 esisteva  una riproduzione della grotta di Betlemme: «Sancta Maria ad Praesepem». E molti cristiani si recavano a visitarla con la stessa devozione con la quale i pellegrini confluivano a Betlemme, in Giudea, alla grotta considerata luogo di nascita di Gesù e dove per desiderio di sant'Elena (madre dell'imperatore Costantino) sorse, nel 326, la Basilica della Natività. 

In queste opere dove si fa evidente l'influsso orientale, l'ambiente descritto è la grotta, che in quei tempi si utilizzava per il ricovero degli animali, con gli angeli annuncianti mentre Maria e Giuseppe sono raffigurati in atteggiamento ieratico simili a divinità o, in antitesi, come soggetti secondari quasi estranei all'evento rappresentato.

Dal secolo XIV la Natività è affidata all'estro figurativo degli artisti più famosi che si cimentano in affreschi, pitture, sculture, ceramiche, argenti, avori e vetrate che impreziosiscono le chiese e le dimore della nobiltà o di facoltosi committenti dell'intera Europa, valgano per tutti i nomi di Giotto, Filippo Lippi, Piero della Francesca, il Perugino, Dürer, Rembrandt, Poussin, Zurbaran, Murillo, Correggio, Rubens e tanti altri.

Il presepio come lo vediamo realizzare ancor oggi ha origine, secondo la tradizione, dal desiderio di San Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Betlemme; nel 1223 a Greccio, in Umbria, per la prima volta arricchì la Messa di Natale con la presenza di un presepio vivente, episodio poi magistralmente dipinto da Giotto nell'affresco della Basilica Superiore di Assisi.  L'opera ideata da san Francesco venne chiamata Presepio o Presepe, termine di derivazione latina indicante la stalla, e anche la mangiatoia che si trova in quell'ambiente, propriamente ogni recinto chiuso.

Alcuni studiosi italiani e stranieri ritengono non del tutto corretto attribuire a San Francesco la paternità del presepio. Come narra Tommaso da Celano, il frate che raccontò la vita del santo, Francesco nel Natale del 1222 si trovava a Betlemme dove assisté alle funzioni liturgiche della nascita di Gesù. Ne rimase talmente colpito che, tornato in Italia, chiese a Papa Onorio III di poterle ripetere per il Natale successivo. Ma il Papa, essendo vietati dalla chiesa i drammi sacri, gli permise solo di celebrare la messa in una grotta naturale invece che in chiesa. Quando giunse la notte santa, accorsero dai dintorni contadini di Greccio e alcuni Frati che illuminarono la notte con le fiaccole. All’interno della grotta fu posta una greppia riempita di paglia e accanto vennero messi un asino e un bue. Francesco, che non era sacerdote, predicò per il popolo riunito.

Pertanto non si tratta della realizzazione di un vero presepio (che é la rappresentazione tridimensionale, a tutto tondo, della nascita di Gesù, mediante un plastico e alcune statuine) ma piuttosto di una messa celebrata eccezionalmente in una grotta anziché in una chiesa.
Il primo presepe con personaggi a tutto tondo risalirebbe quindi al 1283, e fu opera di Arnolfo di Cambio che scolpì otto statuette in legno rappresentanti i personaggi della Natività ed i Magi. Tale presepe si trova ancora nella basilica romana di S. Maria Maggiore.
Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti modellano statue di legno o terracotta che sistemano davanti a un fondale pitturato riproducente un paesaggio che fa da sfondo alla scena della Natività; il presepe è esposto all'interno delle chiese nel periodo natalizio. Culla di tale attività artistica fu la Toscana ma ben presto il presepe si diffuse nel regno di Napoli ad opera di Carlo III di Borbone e nel resto degli Stati italiani.

Nel '600 e '700 gli artisti napoletani danno alla sacra rappresentazione un'impronta naturalistica inserendo la Natività nel paesaggio campano ricostruito in scorci di vita che vedono personaggi della nobiltà, della borghesia e del popolo rappresentati nelle loro occupazioni giornaliere o nei momenti di svago: nelle taverne a banchettare o impegnati in balli e serenate.

Ulteriore novità è la trasformazione delle statue in manichini di legno con arti in fil di ferro, per dare l'impressione del movimento, abbigliati con indumenti propri dell'epoca e muniti degli strumenti di svago o di lavoro tipici dei mestieri esercitati e tutti riprodotti con esattezza anche nei minimi particolari. Questo per dare verosimiglianza alla scena delimitata da costruzioni riproducenti luoghi tipici del paesaggio cittadino o campestre: mercati, taverne, abitazioni, casali, rovine di antichi templi pagani. A tali fastose composizioni davano il loro contributo artigiani vari e lavoranti delle stesse corti regie o la nobiltà, come attestano gli splendidi abiti ricamati che indossano i Re Magi o altri personaggi di spicco, spesso tessuti negli opifici reali di S. Leucio.

In questo periodo si distinguono anche gli artisti liguri in particolare a Genova, e quelli siciliani che, in genere, si ispirano sia per la tecnica che per il realismo scenico, alla tradizione napoletana con alcune eccezioni come ad esempio l'uso della cera a Palermo e Siracusa o le terracotte dipinte a freddo di Savona e Albisola.

Sempre nel '700 si diffonde il presepio meccanico o di movimento che ha un illustre predecessore in quello costruito da Hans Schlottheim nel 1588 per Cristiano I di Sassonia.

La diffusione a livello popolare si realizza pienamente nel '800 quando ogni famiglia in occasione del Natale costruisce un presepe in casa riproducendo la Natività secondo i canoni tradizionali con materiali - statuine in gesso o terracotta, carta pesta e altro - forniti da un fiorente artigianato. In questo secolo si caratterizza l'arte presepiale della Puglia, specialmente a Lecce, per l'uso innovativo della cartapesta, policroma o trattata a fuoco, drappeggiata su uno scheletro di fil di ferro e stoppa.

A Roma le famiglie importanti per censo e ricchezza gareggiavano tra loro nel farsi costruire i presepi più imponenti, ambientati nella stessa città o nella campagna romana, che permettevano di visitare ai concittadini e ai turisti. Famosi quello della famiglia Forti posto sulla sommità della Torre degli Anguillara, o della famiglia Buttarelli in via De' Genovesi riproducente Greccio e il presepe di S. Francesco o quello di Padre Bonelli nel Portico della Chiesa dei Santi XII Apostoli, parzialmente meccanico con la ricostruzione del lago di Tiberiade solcato dalle barche e delle città di Gerusalemme e Betlemme.

Oggi dopo l'affievolirsi della tradizione negli anni '60 e '70, causata anche dall'introduzione dell'albero di Natale, il presepe è tornato a fiorire grazie all'impegno di religiosi e privati che con associazioni come quelle degli Amici del Presepe, Musei tipo il Brembo di Dalmine di Bergamo, mostre, tipica quella dei 100 Presepi nelle Sale del Bramante di Roma; dell'Arena di Verona, rappresentazioni dal vivo come quelle della rievocazione del primo presepio di S. Francesco a Greccio e i presepi viventi di Rivisondoli in Abruzzo o Revine nel Veneto e soprattutto la produzione di artigiani presepisti, napoletani e siciliani in special modo, eredi delle scuole presepiali del passato, hanno ricondotto nelle case e nelle piazze d'Italia la Natività e tutti i personaggi della simbologia cristiana del presepe.

albero di Natale

ALBERO DI NATALE

Verso il secolo XI, nell'Europa dei Nord, sì diffuse l'uso di allestire rappresentazioni (sacre rappresentazioni o misteri) che riproponevano episodi tratti dalla Bibbia. Nel periodo d'Avvento, una rappresentazione molto richiesta era legata al brano della Genesi sulla creazione. Per simboleggiare l'albero «della conoscenza del bene e del male» del giardino dell'Eden si ricorreva, data la regione (Nord Europa) e la stagione, ad un abete sul quale si appendevano dei frutti.

Da quell'antica tradizione si giunse via via all'albero di Natale dei giorni nostri, di cui si ha una prima documentazione certa risalente al 1512 in Alsazia. L'abete di Natale assunse gradatamente anche un significato nuovo: venne a simboleggiare la figura di Gesù, il Salvatore che ha sconfitto le tenebre dei peccato: per questo motivo si è cominciato ad adornarlo di luci.

 

CERO DI NATALEcero di Natale

La luce del cero natalizio simboleggia Gesù, luce del mondo. Una luce è nata nel mondo sono le parole della liturgia, e il cero con la sua fiamma richiama proprio questo significato. In Francia e in Gran Bretagna fa parte della tradizione accendere tre ceri fusi insieme alla base, come segno di adorazione alla Trinità.

corona davvento

CORONA D'AVVENTO

L'uso della Corona d'Avvento è da collegarsi ad un'antica consuetudine germanico-precristiana, derivata dai riti pagani della luce, che si celebravano del mese di Yule (dicembre). Nel XVI secolo si diffuse tra i cristiani divenendo un simbolo di questo periodo che precede il Natale. La Corona d'Avvento è un cerchio realizzato con foglie di alloro o rametti di abete (il loro colore verde simboleggia la speranza, la vita) con quattro ceri. Durante il Tempo di Avvento (quattro settimane) ogni domenica si accende un cero. Secondo una tradizione, ogni cero ha un suo significato: c'è il cero dei profeti, il cero di Betlemme, quello dei pastori e quello degli angeli. La corona può venire appoggiata su un ripiano o appesa al lampadario. L'accensione di ogni cero è accompagnata da un momento di preghiera. Si conclude con un canto alla Madre di Gesù.

REGALI DI NATALE

regali-natale

Gli abitanti dell'antica Roma erano soliti scambiarsi, in occasione di feste e a capodanno, dei regali chiamati strenne. Tale consuetudine si ricollegava ad una tradizione secondo la quale, il primo giorno dell'anno, al re veniva offerto in dono un ramoscello raccolto nel bosco della dea Strenna (dea sabina della salute?). Questo rito augurale si diffuse tra il popolo e, ben presto, i rametti di alloro, di ulivo e di fico vennero sostituiti da regali vari. Tale tradizione, presente ancora ai nostri giorni, si riveste in occasione del Natale di nuovi significati richiamando, attraverso il gesto del dono, l'amore di Dio che ha donato suo Figlio all'umanità intera.

ceppo-di-nataleCEPPO DI NATALE

Soprattutto in passato, nella notte di Natale, si accendeva nel caminetto un gran ceppo di abete per rendere confortevole (caldo) l'ambiente in segno di ospitalità, di accoglienza alla venuta del Figlio di Dio.

LA «ROSA DI NATALE»Rosa di Natale

L'Helleborus è una pianta che cresce spontaneamente nelle zone di montagna (ma si acclimata con facilità anche in pianura e nelle aree temperate) e i cui fiori sbocciano in pieno inverno. Per tale caratteristica, una sua varietà, l'Helleborus niger, è anche conosciuta come Rosa di Natale. Quest'ultima presenta un rizoma nerastro e grandi fiori bianchi a cinque petali con sfumature tendenti al rosa.

stella di NataleLA «STELLA DI NATALE»

Questa pianta appartiene alla specie delle Euforbiacee, il suo nome scientifico infatti è: Euphorbia pulcherrima, ma è anche chiamata Poinsettia. È una pianta arbustiva che deve la sua bellezza in particolar modo al colore rosso vivo delle grandi battree fogliari disposte a forma di stella. Fiorisce da dicembre a marzo.

QUANDO È NATO... IL «NATALE»

Non è storicamente accertato che Gesù sia nato effettivamente il 25 dicembre. Anche nei vangeli di Matteo e di Luca, che forniscono una descrizione di alcuni momenti legati alla Natività, non viene citato né il giorno, né il mese, e neppure l'anno della venuta dei Figlio di Dio, anche se sappiamo che Gesù nacque quando regnava l'imperatore Cesare Augusto.

È nel IV secolo che si diffonde la celebrazione della festa cristiana del Natale di Gesù il 25 dicembre. In merito a tale datazione, nel corso degli anni, sono state formulate diverse ipotesi.  Alcuni studiosi ritengono che questa data venne scelta dalla Chiesa in contrapposizione alla festa pagana del Sole invitto voluta dall'imperatore Aureliano, nel 275. Festa da celebrarsi, per l'appunto, il 25 dicembre, cioè quattro giorni dopo il solstizio d'inverno che cade il 21 dicembre. Dopo tale data la luce [il Sole] rinasce e prende gradatamente il sopravvento sulle tenebre, le giornate si allungano fino al 21 giugno, il giorno più lungo dell'anno: il solstizio d'estate.

La Chiesa quindi, secondo l'opinione degli studiosi, per contrastare il perpetuarsi di tale festa pagana radicata nella tradizione popolare, decise di celebrare in quella medesima data il dies natalis Christi, la nascita di Gesù: «Luce dei mondo», il vero «Sole di giustizia» che brillerà in eterno.

Una fonte autorevole, il Cronografo (il più antico calendario della Chiesa di Roma) del 354, indica il 25 dicembre quale giorno per la celebrazione della festa della Natività, ma un altro documento romano la Depositio episcoporum (elenco liturgico contenuto nello stesso Cronografo) attesta che tale celebrazione era già presente nel 336 (sembra che inizialmente tale festa venisse celebrata soltanto nella Basilica di San Pietro).

La scelta di questo giorno, comunque, fu sanzionata nel 354 da Papa Liberio.

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