L'ipocrisia di chi si lamenta dell'ingiustizia

Maria

Confidenze di Maria SS. a Roberto Longhi sul  Monte Misma

Uno che contesta e disapprova trova una moltitudine di seguaci perché la mette sotto l'ottica dell'ingiustizia, non dice quale è la provenienza di quell'ingiustizia, ma va alla parte finale di essa. E chi non disapprova l'ingiustizia? Sono tantissimi i seguaci che corrono a sostenere “quell'idea”, contro una falsità e un’ingiustizia, ma non diranno mai che l'ingiustizia ha la stessa provenienza dell'assertore che l’appoggia: l'uomo! Incredibilmente si ribellano al male coloro che sono la causa del male, difendono la pace, l'ideologia, come fanno ad esempio i "mafiosi". È facile sostenere una contestazione davanti ad uno scandalo (magari contro la Chiesa), ad un'ingiustizia, e dimostrare di essere persone rette perché si accusa quel male!

Ma chi ha creato quel male era consapevole? Noi non avremmo fatto altrettanto? Non ragioniamo come ragiona il mondo, perché si sentono tutti in buona fede quando difendono idee nobili di un altro, altrimenti non diventeremo mai cristiani autentici, ma come coloro che ragionano uniti contro un ingiustizia, per lasciare trionfare il male. Non andiamo chissà dove a sostenere l'idea di un popolo o di quelle persone che, per dei vantaggi personali, si nascondono dietro a un simbolo, un emblema o uno stemma, quando invece hanno una realtà disastrosa. Facciamo trionfare quel poco di bene che riusciamo a fare negli affetti e nei contatti della vita quotidiana, della nostra casa, con le persone che ci sono accanto, poi sosteniamo la pace nel mondo. Non dobbiamo diventare apostoli di sventura, di critiche, di condanne, del negativo, ma degni apostoli della verità di Dio, sostituendo la maldicenza con la benevolenza, il parlar male con il parlar bene. E’ troppo facile ed inutile lamentarsi, perché lamentarsi significa criticare e giudicare ed impedire all’uomo di amare veramente (ecco perché il Signore ha detto “non criticare, non giudicare”..).

La lamentela nasce dal trionfo della nostra ragione, dei nostri pregiudizi. Facciamo prevalere la lamentela perché siamo severi con il prossimo e non con noi stessi…. per poi nascondere i nostri difetti dietro la corona del rosario! Non siamo forse noi la causa dell’ingiustizia che detestiamo? Quando ci lamentiamo degli altri, in realtà li colpevolizziamo dei nostri difetti, ci lamentiamo di noi stessi. Le arrabbiature del nostro cuore non hanno mai risolto niente, anzi ci hanno fatto vivere male, ci hanno privato della pace e della serenità, ci hanno causato sofferenza in tutto il corpo. Invece il sentimento dell’amore può fermare ogni sentimento di rabbia e di ingiustizia e può farci stare bene, anche fisicamente. Quando ci comportiamo male, cerchiamo una giustificazione di comodo per togliere il rimorso di coscienza e l’amarezza che abbiamo dentro (che dimostriamo al primo che incontriamo). Anche coloro che uccidono quando vengono interrogati, a modo loro avevano una giusta motivazione. Che assurdità! Non diventiamo fatalisti e non complichiamoci la vita creando danni con i nostri errori, non pretendiamo che altri risolvano i problemi che abbiamo causato!

L'ipocrisia è una cosa vomitevole e riprovevole, perché è la più grande delle offese che ci possono essere, anche più delle fragilità delle tentazioni! Come possiamo dire di essere testimoni del Signore, quando in realtà non rispettiamo la sua legge con il nostro comportamento? Lo offendiamo quando non lo rappresentiamo nel modo giusto, con la nostra vuota condotta davanti alle ingiustizie. Vergogniamoci di tutti gli errori che abbiamo commesso e che abbiamo ricevuto da chi ci ha preceduto, andando fino all'origine del genere umano. Lavoriamo sulla nostra psiche, non su quella del mondo che ha già deciso da che parte andare... Impariamo a camminare controcorrente e a non seguire la ragione dell'uomo, perché avendo ricevuto la conoscenza e l'istruzione, non saremo giustificati. Ci è stato detto che se vogliamo essere amici del Signore, verremo criticati, perseguitato, giudicati. E se ci siamo ripromessi amici di Dio, perché ci lamentiamo subito, ancor prima di essere diventati suoi amici, se siamo criticati, giudicati e perseguitati? Non dobbiamo avere paura delle prove, altrimenti abbiamo paura di tutto quello che ne consegue diventare testimoni della verità.

E’ mai possibile che davanti ad una piccola critica, che potremmo sorvolare tranquillamente con un cuore generoso, non sappiamo reagire se non con una lamentela? Sappiamo che non mancano le prove nel cammino di santificazione e di autenticità cristiana, ma sappiamo anche che le sofferenze, quando vengono portate avanti con animo giusto, creano la gioia. Accettiamo con coraggio la nostra parte e la nostra croce, senza lamentarci. Coinvolgiamo solo il Signore nelle ingiustizie che riceviamo, non il mondo intero, altrimenti metteremo sempre in cattiva luce la persona che ci ha fatto un torto. Il Signore non ha mai coinvolto nessuno nelle ingiustizie che ha ricevuto, anzi ha perdonato ed amato fino all’ultimo respiro sulla croce. Sentiamoci dispiaciuti per non essere stati in grado di fare quello che potevamo fare. E non pensiamo solo a noi stessi, ma sentiamoci solidali con Maria Santissima, che soffre come una vera mamma per la perdita di tanti suoi figli, per consolarla, per fargli sentire che gli siamo vicini, per dargli ancora un motivo per sorridere ed intercedere per noi.

 

Tratto dal sito: Un deserto sul Misma

 

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