06/14 2012

San Longino, martire

SanLongino

 

 « ... ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. »   (Giovanni 19,34)

 

Il soldato in questione è il centurione Gaio Cassio Longino, il quale, per assicurarsi della morte di Gesù Cristo, ne trafisse il costato e vide che ne fuoriuscirono sia acqua che sangue (sangue raggrumato, tipico dei cadaveri e siero, la cui divisione avviene nel caso di un emotorace, vale a dire di un’entrata di sangue nella cavità polmonare e in quelle del cuore). Si pensa anche che sia stato lo stesso Longino, vedendo gli eventi incredibili che la morte del Cristo aveva suscitato, ad affermare: “Questi è davvero il figlio di Dio”.

La leggenda vuole che il centurione fosse malato agli occhi e che il sangue del Cristo, zampillante dalla ferita al costato, l’avesse guarito; accaduto ciò, pose un po’ del sangue di Cristo in un’ampollina e lo portò via con sé a Mantova, dove fu martirizzato; tant’è vero che nel duomo di Mantova vi è un’ampolla contenente il “preziosissimo sangue del Cristo”.

Comunque sia la sua lancia, che deturpò il corpo ormai morto di Gesù, fu considerata una reliquia a causa del contatto col sangue del Salvatore, di conseguenza un suo eventuale possesso avrebbe comportato un grande prestigio e grande forza al suo detentore.  Della lancia sappiamo che è appartenuta a molti centurioni, prima di passare nelle mani di Costanzo Cloro, il quale, nonostante avesse perseguitato i Cristiani, fu molto umano nei loro confronti, a differenza del suo predecessore Diocleziano.  Costanzo diede la lancia al figlio Costantino che la impugnò durante la famosissima battaglia di Ponte Milvio, in cui ottenne una vittoria schiacciante su Massenzio e conseguì il principato. Costantino è celebre non solo per essere entrato in possesso di un così prezioso oggetto, ma anche per il sogno premonitore in cui gli comparve in cielo una croce, con la scritta “In hoc signo vinces” (sotto questo segno vincerai), che sancì un’iniziale conversione dell’imperatore. Col passare degli anni la portentosa reliquia giunge nelle mani di imperatori e di generali (si pensi che grazie alla Sacra Lancia, Teodosio riuscì a scacciare i Goti dall’impero Romano o che Flavio Ezio annientò le truppe unne al soldo di Attila presso i Campi Catalaunici).

Ma è nel Medioevo che la fama della lancia conosce un exploit senza precedenti: molti imperatori del Sacro Romano Impero Germanico si vanteranno di aver visto e impugnato la lancia di Longino, come ad esempio Ottone I, il quale, brandendola, riuscì a condurre una vittoriosa campagna bellica contro gli ungheresi, un popolo barbaro proveniente dalle steppe dell’odierna Ungheria (da cui deriva il loro nome). Ma occorre dire una fatto importante, e cioè che la lancia non ha segni di battaglia, dunque possiamo notare come il suo uso non fosse tanto bellico quanto rituale, in quanto essa dava onnipotenza al suo detentore. La presenza simbolica della lancia è notabile anche nello stemma della casata degli imperatori del Sacro Romano Impero Germanico. Come si nota dalla prima immagine della seconda pagina, la lancia presenta all’estremità un chiodo, precisamente un chiodo della Santa Croce di Cristo. Anche la copia di Cracovia presenta la “spina”, cioè il chiodo della croce, il che ci fa capire come esso fosse stato aggiunto nel X secolo (periodo della donazione al re di Polonia) o forse pure prima.